Scatta una maxi-operazione a Bologna per “metodo mafioso”, la guardia di finanza indaga su 16 soggetti. I dettagli dell’inchiesta.
Il comando provinciale delle fiamme gialle ha collaborato con il Servizio centrale investigazione criminalità organizzata (Scico) con il supporto operativo dei nuclei di polizia economica-finanziaria di Brescia, Catanzaro, Napoli, Roma e Venezia.
All’operazione si sono aggiunti Eurojust ed il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia che stanno eseguendo un’ordinanza di applicazione delle misure cautelari in precedenza emesse da Domenico Truppa, gip del Tribunale di Bologna. Ciò ha dato il via a perquisizioni nelle province di Bologna, Crotone, Mandova, Latina, Napoli e Padova, fino alla Germania.
I destinatari del provvedimento cautelare arrestati sono un imprenditore di origini calabresi, che però è residente a Bologna da tempo, e un uomo campano ritenuto contiguo a delle organizzazioni criminali camorristiche. I due sono stati indiziati insieme anche ad altri 14 soggetti di condotte delittuose aggravate dai capi d’accusa aggravati dal metodo mafioso.
Tra le diverse imputazioni ci sono estorsioni, riciclaggio, reimpiego di proventi illeciti, usura, malversazione di erogazioni pubbliche, reati con gli stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, trasferimento fraudolento di valori e anche tentato sequestro di persona.
“Metodo mafioso”, i dettagli dell’inchiesta
Le indagini sono state dirette da Flavio Lazzarini della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) della Procura della Repubblica di Bologna, che si è coordinato direttamente con la Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo.
Con l’intervento delle speciali sono stati ricostruiti i movimenti dell’imprenditore di origine calabrese. Si è scoperto benefici di “anomali finanziamenti” da pluripregiudicati vicini a criminali camorristi e ‘ndranghetisti. Soldi che venivano poi reimpiegati in quello che è l’acquisto di alcune società come l’acquisto di auto di lusso e anche immobili. Grazie ad altri imprenditori locali il denaro veniva “ripulito” e restituito, in questo caso grazie a fatture legate a operazioni inesistenti.
La posizione patrimoniale dell’imprenditore è stata giudicata sproporzionata rispetto alle dichiarazioni di fonti reddituali e anche questo è stato un indizio che ha portato all’emergere di cifre davvero al di fuori della norma. In questo momento sono in corso altre indagini tra l’Italia e la Germania grazie anche alla cooperazione dell’Unità I-Can associata all’assistenza tecnica dello Scico e la vicinanza di unità cinofile antidroga.
Non è dunque da escludersi la possibile presenza di altri indagati che potrebbero emergere dai nuovi studi che porteranno a delle nuove e approfondite analisi degli inquirenti.