Non potranno più lavorare lì, in 46 perdono il posto direttamente fuori dagli Scavi di Pompei. Andiamo a vedere cosa è accaduto.
Un posto storico, visitato tutti gli anni da milioni di persone, si prende le prime pagine dei giornali con al centro la questione lavoro.
Pompei è una terra che ha dovuto affrontare diverse difficoltà nel corso della sua storia. Il 5 febbraio del 62, infatti, un violento terremoto si abbatté sulla città, con epicentro nella vicina città di Stabiae. Furono numerosi i crolli che provocarono danni e morte con testimonianze che ci arrivano dai famosi affreschi della casa di Lucio Cecilio Giocondo.
Questo tragico evento condizionò anche il commercio, perché per la paura numerose personalità dell’epoca decisero di abbandonare il posto e così gli introiti calarono drasticamente. Di fatto Pompei divenne un cantiere a cielo aperto con l’obiettivo solo di ricostruire tutto.
Non ancora completati i lavori di ristrutturazione, la mattina del 24 agosto del 79 una violenta eruzione del Vesuvio portò alla fine della civiltà pompeiana. Pompei finì sepolta da una coltre di circa sei metri di materiale vulcanico. Oggi da quel posto affiorano dei resti che, come già detto, milioni di persone vanno a visitare tutti gli anni in uno scenario davvero straordinario.
Sono passati secoli da quei momenti, ma questa realtà è al centro di Pompei ancora oggi anche se attorno la città è stata ricostruita. Oggi vogliamo parlare di come il mondo del lavoro subisce una brusca frenata in questa città, con una decisione presa direttamente dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata.
Scavi di Pompei, 46 perdono il posto di lavoro
Stamattina a Pompei sono arrivati i Carabinieri della Compagnia di Torre Annunziata che hanno dato esecuzione diretta a un decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip su richiesta di questa Procura della Repubblica.
All’appello sono 63 i soggetti indiziati del reato di invasione con a oggetto ben 45 strutture tra chioschi e gazebo. Questi occupavano abusivamente alcune zone del territorio comunale di Pompei in zone tutte prossime agli ingressi del Parco Archeologico tra piazza Esedra, piazza Anfiteatro e via Roma. Inoltre un 46esimo chiuso abusivo è stato sequestrato.
Di fatto il provvedimento cautelare reale arriva da quelle che sono numerose anomalie rilevate dai militari dell’Arma nell’occupazione del suolo pubblico di alcuni soggetti che avevano esercizi commerciali nel luogo. Grazie all’apporto di una consulenza tecnica, le indagini hanno portato ad accertare che questi chioschi erano adibiti alla vendita con caratteristiche di opere non amovibili e stabilmente ancorati al suolo e quindi soggette di occupazione abusiva.
Come sono andati gli accertamenti
Gli accertamenti hanno evidenziato l’assenza di condizioni di regolarità urbanistica in merito alle strutture che erano state realizzate in violazione di vincoli gravitanti sulle stesse aree di interesse.
Così i carabinieri sono intervenuti per individuare i soggetti che ne hanno la disponibilità e si sono assicurati che questi non avevano ricevuto provvedimenti concessori per l’occupazione di data porzione di terreno pubblico o magari di sanatoria illecita.
È stato necessario il sequestro preventivo al fine di far cessare la permanenza del reato con sgombero e rimozione dei chioschi e gazebo. Inoltre sono stati apposti i sigilli con tanto di apposizione di cartellonistica che andava ad ammonire situazioni simili.
Il tutto è stato coordinato dal procuratore della Repubblica Nunzio Fragliasso che ha firmato i fogli di questa vicenda, dando via alle operazioni.
Cosa vendevano i chioschi?
I chioschi sequestrati nei pressi degli scavi di Pompei erano di vario genere passando dal food all’oggettistica. Erano presenti infatti gazebo che vendevano souvenir proprio di Pompei e altri dove si vendevano invece gelati o street food. L’obiettivo erano i turisti con presti anche che saranno analizzati per verificare il perpetuare di altre eventuali illegalità.
Questa operazione potrebbe segnare un precedente in grado di andare a colpire altre attività analoghe che in tutta Italia sono presenti e sfuggite dal monitoraggio delle forze dell’ordine. Una situazione che non riguarda solo la Campania e Pompei, ma tutta Italia e che presto potrebbe diventare termine di ulteriori approfondimenti da parte dello Stato, consapevole di trovarsi di fronte a una difficoltà generalizzata e non solamente legata al territorio.
Un danno economico che è stato ravvisato anche dai commercianti legali, sfavoriti da questa concorrenza irregolare che visto l’assenza di tassa sull’occupazione del suolo aveva via in discesa sulla vendita e anche su prezzi eventualmente calmierati.