Nel corso di un attacco aereo è stato ucciso in Libano il capo di Hamas: i retroscena hanno rivelato l’infiltrazione dell’organizzazione.
Il leader di Hamas in Libano Fateh Sherif Abu el-Amin è stato ucciso nel corso di un attacco israeliano nel sud del Paese. Il capo del movimento militante islamico era un impiegato dell’Unrwa, ovvero l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi. La stessa Unrwa, però, ha fatto sapere che l’uomo era sotto inchieste a da tempo “a causa delle sue attività politiche”. Il raid in cui ha perso la vita el-Amin è stato preceduto da un raid da parte dell’Aeronautica israeliana contro l’ex scuola Abu Jafar Al Mansour, nel nord della Striscia di Gaza. All’interno della struttura si trovava, secondo quanto comunicato dall’Idf, un centro di comando e controllo di Hamas.
Israele sta continuando perciò a bersagliare più fronti del conflitto contro Hamas, l’organizzazione ritenuta responsabile degli attacchi del 7 ottobre 2023. La morte di Fateh Sherif Abu el-Amin è stata confermata dalla stessa Hamas, da Israele e dall’Unrwa. Sherif è stato ucciso in un raid aereo sul campo profughi di al-Bass, nella città libanese di Tiro, insieme alla moglie, al figlio ed alla nuora. L’uomo era stato preside della scuola secondaria Deir Yassin, gestita dall’Unrwa, ad al-Bass. Quando è stato sospeso dall’incarico, nel marzo scorso, altri insegnanti hanno scatenato proteste e scioperi in Libano.
“Fateh Al Sharif era un dipendente dell’Unrwa – hanno commentato dalle Nazioni Unite – che è stato messo in congedo amministrativo senza stipendio a marzo, ed era sottoposto a un’indagine in seguito alle accuse che l’Unrwa ha ricevuto sulle sue attività politiche”. Lo Stato ebraico in queste ore ha messo nel mirino ancora i gruppi Hezbollah in Libano (oltre 100mila persone hanno già attraversato il confine siriano) e gli Houthi nello Yemen (entrambi alleati di Hamas). Il conflitto, dunque, si sta estendendo sempre più.
Israele ha effettuato raid aerei contro il porto di Hodeidah nello Yemen. Qui sono stati distrutti impianti di rifornimento di carburante, centrali elettriche e banchine nei porti di Ras Issa e Hodeidah. Si è trattata di una delle più grandi operazioni di questo tipo mai viste nella crisi della regione. Oggi sono iniziati in Libano i tre giorni di lutto in omaggio a Hassan Nasrallah, ucciso venerdì in un attacco israeliano. Il suo corpo è stato recuperato ieri nella periferia meridionale di Beirut. Sempre ieri le forze israeliane hanno ucciso un altro elemento di spicco del gruppo islamista libanese, Nabil Kaouk.
Escalation in Libano, l’intervento di Joe Biden
L’escalation sta comunque preoccupando il presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Quest’ultimo è pronto ad un nuovo colloquio con il primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu. In una nota diffusa sabato Biden ha definito “una misura di giustizia” l’uccisione da parte di Israele del leader del partito militante libanese Hezbollah, Hassan Nasrallah. Ed ha ribadito il pieno sostegno degli Stati Uniti al “diritto di Israele a difendersi contro Hezbollah, Hamas, gli Houthi. E altri gruppi terroristici sostenuti dall’Iran”.
L’Iran, però, tramite il portavoce del ministero degli Esteri Nasser Kanani, ha confermato che non invierà truppe a Gaza o in Libano. “Credo che i Paesi e i governi della regione, compresi Libano e Palestina, – ha detto Kanani – abbiano la capacità necessaria per difendersi dall’aggressione del regime sionista, e non vi è alcuna necessità di inviare volontari e forze ausiliarie iraniane”, ha detto. Secondo Kanani “il regime usurpatore non è in grado di affrontare faccia a faccia le forze della resistenza a causa delle pesanti sconfitte degli ultimi decenni“.