Una storia davvero straordinaria ai limiti dell’impossibile. Un ragazzo che ha perso entrambe le gambe in Afghanistan ha deciso di servire re Carlo III con un’impresa incredibile.
Un eroe di guerra inglese che ha perso entrambe le gambe in Afghanistan ha deciso di entrare nella storia proprio il giorno in cui a maggio Carlo III verrà incoronato ufficialmente re. L’uomo del destino si chiama Hari Budha Magar ed entrambe le sue gambe sono saltate a causa di una bomba esplosa e piazzata dai terroristi talebani. Hari si sarebbe potuto arrendere, eppure ha deciso di spingersi oltre il limite con un’impresa davvero straordinaria.
Nonostante le sue terribili ferite, il soldato, padre di tre figli, ha deciso di scalare l’Everest, la montagna più alta del mondo, in concomitanza con l’incoronazione del re. Se ci riuscirà, Hari che oggi ha 43 anni, diventerà il primo uomo doppio amputato sopra il ginocchio a salire sulla vetta himalayana. Aveva puntato a fare la scalata nel 2018, ma le autorità nepalesi lo avevano bandito perché temevano che fosse troppo disabile per affrontare l’estenuante scalata e che sarebbe morto sui pendii innevati dell’Everest.
Tre persone, infatti, sono morte solo l’anno scorso e quattro l’anno prima. Così, l’ex soldato è dovuto andare in tribunale per revocare il divieto. Come riportato dal quotidiano inglese ‘The Sun’, Hari ha spiegato: “Ora, per una felice coincidenza, sarò sull’Everest per l’incoronazione del re. Sarebbe fantastico se potessi farlo quel giorno. Se saremo al campo base organizzeremo una festa, tutto dipende dalla finestra meteo”.
La sfida di Hari e il ritorno in Nepal
Prima unirsi ai Gurkha – una unità scelta dell’esercito britannico i cui soldati vengono arruolati tra la popolazione Gurkha del Nepal e dell’India settentrionale – Hari è cresciuto in Nepal da adolescente. E ha sempre sognato un giorno di scalare l’Everest, fino a quando non ha perso le gambe e la sua vita, così come i suoi sogni, sembrava esser finita una volta per tutte.
“Pensavo che la mia vita fosse finita. Ho iniziato a mescolare le mie medicine con l’alcol, mentre cercavo di affrontare il mio dolore così come le mie emozioni”, ha spiegato ancora al ‘Sun’. “Ero perso. Mi ero unito ai Gurkha a 19 anni, era tutta la mia vita”. Tuttavia, l’ex soldato ha usato il motto Gurkha “meglio morire che essere un codardo” , dicendo a se stesso che non solo avrebbe camminato di nuovo, ma avrebbe sfidato un’impresa straordinaria. E così è stato.
Ha iniziato con la vetta più alta del Regno Unito, il Ben Nevis di 1345 metri in Scozia, poi ha scalato il Monte Bianco, il Kilimangiaro in Tanzania. E ora si sente pronto ad affrontare questa nuova avventura. Anche perché, nella sua lunga strada verso la guarigione, Hari ha avuto un incredibile sostegno da parte di re Carlo e degli altri reali: “Ho incontrato la regina e ho incontrato re Carlo otto volte, perché è il colonnello in capo del reggimento. Mi riconosce sempre.
Tuttavia, durante una scalata di allenamento sull’Himlung Himal, un picco vicino al confine del Nepal con il Tibet, Hari ha visto la morte in faccia per la seconda volta nella sua vita. La sua squadra è stata colpita da una bufera di neve per quattro lunghi giorni. Sepolti dalla neve, gli alpinisti hanno dovuto tirarsi fuori e scendere in cumuli profondi fino ai fianchi, riposando sotto una tempesta continua. Ma ora sembra tutta acqua passata e Hari è molto determinato, da buon soldato, a portare a termine la sua missione.
“Le gambe protesiche non sono progettate per arrampicarsi sul ghiaccio”, ha spiegato sempre al ‘Sun’. “I ramponi commerciali per gli amputati non esistono, quindi abbiamo dovuto progettarne alcuni. Porterò con me tre diverse paia di piedi, uno per camminare, uno per arrampicare e uno per ghiaccio e neve”. In cima alla vetta più alta del mondo, l’ex soldato vuole farsi fotografare con la bandiera del suo ex reggimento e quelle degli enti di beneficenza e delle organizzazioni che lo hanno aiutato in tutti questi anni e dedicare a loro la sua scalata sull’Everest. “Questa salita non è solo per me, è per le persone con disabilità, i Gurkha, per i veterani, per il Regno Unito, per il Nepal”.