Gli ultimi sviluppi in merito al processo per l’omicidio di Yara Gambirasio, la 13enne bergamasca ritrovata morta il 26 febbraio 2011 dopo tre mesi di ricerche, hanno destato molto scalpore.
Il Gip di Venezia ha infatti chiesto di indagare la pm del caso che ha riguardato la giovane uccisa e che ha poi individuato in Massimo Bossetti, muratore di Mapello (Bergamo), nel suo omicida (grazie al DNA).
Secondo la Gip, infatti, sarebbe avvenuta una non corretta conservazione di 54 campioni di DNA ritrovati sul corpo di Yara Gambirasio. Un aspetto che da tempo mettono in risalto gli avvocati difensori di Massimo Bossetti, che hanno presentato un atto di opposizione proprio per denunciare quello che ritengono sia stato un comportamento scorretto da parte del magistrato inquirente.
Il deterioramento dei campioni di DNA e la furia di Bossetti
Le 54 provette, che contengono le tracce biologiche recuperare sul corpo di Yara Gambirasio, sono state spostate dal frigorifero dell’ospedale San Raffaele di Milano (dove erano conservate a 80 gradi sotto zero) all’ufficio Corpi di reato del tribunale di Bergamo.
Giunti a destinazione, i campioni sarebbero stati conservati in un magazzino andando incontro ad un deterioramento a causa dell’interruzione della catena del freddo.
Pertanto, dopo le analisi che hanno inchiodato Massimo Bossetti, è stato impossibile effettuare nuove indagini sulle provette.
Proprio in seguito alla richiesta di indagine per depistaggio nei confronti della pm Letizia Ruggeri, il muratore di Mapello – condannato all’ergastolo per l’assassinio della 13enne bergamasca – ha deciso di scrivere una lettera dal carcere, inviandola al conduttore della trasmissione Iceberg su Telelombardia, Marco Oliva.
“Chi è quel pazzo che chiede insistentemente di poter ripetere l’esame del DNA se fosse coinvolto in un omicidio dove le proprie responsabilità gli si schiaccerebbero addosso come pietre tombali? È dal giorno del mio arresto, vergognoso e disumano, che chiesi con insistenza durante ore e ore di stressanti interrogatori di poter ripetere questo esame”, scrive Massimo Bossetti.
“Mi è stato sempre detto che il materiale in questione era stato tutto consumato nel corso delle varie consulenze e ritenuto pacificamente inesistente – aggiunge il muratore condannato all’ergastolo – Ora urlo, perché dovermi negare un’evidenza quando tutti erano ben consapevoli sull’esistenza di questo DNA”.
La lettera infuocata di Bossetti: “Imperdonabile”
“Mi chiedo, perché doverlo asportare da dove era ben custodito in appositi congelatori, per poi essere trasferito all’ufficio Corpo di reato adagiandolo sopra uno scaffale in scatole di cartone ad una temperatura ambiente, pur nella consapevolezza che tale ufficio ne fosse sprovvisto di strutture idonee alla corretta conservazione, affinché, potesse restare idoneo e garantito per un eventuale accertamento sull’esame se proprio non si avesse avuto nulla da temere?”, si chiede ancora Bossetti nella lettera.
“Nessuno avrebbe dovuto provocare la distruzione dei campioni in sequestro se non c’è un provvedimento emesso da un giudice che lo attesti – conclude – Tutto questo assurdo atteggiamento, lo trovo inappropriato, inopportuno e imperdonabile”.