La corsa verso l’apice del gradimento della Meloni sembra aver subito una brutta battuta d’arresto. Le promesse elettorali mancate costano infatti molto care alla premier, almeno tanto quanto l’aumento delle accise. E intanto sale la percentuale degli italiani astensionisti che non si riconoscono in alcun raggruppamento politico
Inizia a costare caro, sia in senso letterale che non, l’aumento delle accise, che grava non solo su tutto il popolo italiano, ma anche sulla premier Giorgia Meloni.
La leader di FdI, infatti, si ritrova a fare i conti con una realtà decisamente più dura e meno rosea di quella prospettata ai suoi elettori in campagna elettorale.
Dopo la luna di miele, infatti, la leader di FdI perde terreno in termini di gradimento da parte degli italiani, che non sembrano particolarmente apprezzare il suo operato in materia del caro benzina.
Le accise costano care a Giorgia Meloni: gli italiani iniziano a perdere fiducia (e la pazienza) e i dati lo dimostrano
Nonostante gli apprezzamenti positivi continuino a prevalere, come evidenziato dal Corriere della Sera, la Meloni inizia a perdere terreno (di tre punti percentuali, per la precisione) a vantaggio degli alleati Salvini e Berlusconi.
Come evidenziato dalla testata, l’indice di gradimento si calcola mettendo in rapporti i voti positivi con quelli negativi.
Questi ultimi, rispetto al mese di dicembre, sono saliti, facendo perdere alla Meloni un – 5.
Fine della luna di miele o battuta d’arresto fisiologica, come è stata definita dal Corriere?
Quel che è certo è che a gravare fortemente sull’indice di gradimento è la questione legata all’aumento delle accise e di conseguenza dei prezzi del carburante.
Proprio questo tema, infatti, era stato oggetto di forte contestazione da parte della premier durante la campagna elettorale, disattendendo così le alte aspettative degli elettori.
E i dati, in tal senso, parlano chiaro: il 67% degli italiani si è detto insoddisfatto su come il governo sta gestendo questa emergenza.
Ma quello del caro carburante non sembra essere l’unica nota dolente del governo Meloni.
I temi in agenda che suscitano perplessità sia in seno alla maggioranza che da parte degli italiani sono tanti, fra i quali la possibile riforma costituzionale in senso presidenziale, la questione legata alle intercettazioni telefoniche e la tanto invisa autonomia differenziata.
Temi, questi, tutti fortemente divisivi e che rischiano dunque di generare troppe tensioni in maggioranza e far crollare la fiducia degli italiani.
Come sono cambiati gli orientamenti di voto?
A risentire sono stati anche gli orientamenti di voto che, pur mantenendo un trend positivo per FdI che continua ad attestarsi come primo partito (30,5%) registra un calo del -1,2 a favore di una Lega che sembra conquistare un timido miglioramento, raggiungendo l’8,3% (+ 0,5%) e di Forza Italia che sale, invece, al 6,8% conquistano un +0,6%.
Per quanto riguarda l’opposizione, è il Movimento Cinque Stelle a registrare i risultati migliori, posizionandosi in Italia come secondo partito con il 18,2%, salendo del + 0,6%.
Un risultato decisamente notevole e che non si registrava dalla stagione autunnale del 2020.
Rimane in uno stato di oblio invece il PD, che bloccato nel pantano delle querelle congressuale, si attesta al solito 16,4%.
Segue poi il Terzo Polo con 7,1% e l’alleanza Sinistra Italiana, Verdi e Reti Civiche con il 4,1%.
Un altro dato decisamente più preoccupante è quello dell’astensionismo.
Quest’area sale infatti di ben due punti percentuali, con due italiani su cinque che non si riconoscono in alcun raggruppamento politico e raggiungo ben il 41,2%.